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Allerta scuola

Da decenni ormai, il welfare della nostra società è basato sulla famiglia.
Una politica incapace di dare risposte reali ai bisogni dei minori, aveva creato una realtà parallela, una fetta enorme di società che poggiava le sue fondamenta sui nonni e, quasi sempre, sulle donne.
I nonni baby-sitter, i nonni che aiutavano i figli precari ad arrivare alla fine del mese, i nonni che si fanno garante di un mutuo, e che ancora più spesso contribuivano fattivamente all’acquisto di una casa, i nonni che fanno una spesa in più, i nonni che prendono i bambini a scuola, li portano al parco, i nonni con cui i nostri figli passavano buona parte dell’estate.
Quei nonni che oggi, per disposizioni nebulose, hanno rinunciato, più o meno forzatamente, alla quotidianità con i nipoti e con i loro genitori, al secolo figli.
E al loro ruolo educativo e di sostegno, mandando definitivamente in tilt un sistema che già arrancava a fatica.
E ancora una volta, la politica miope decide di dimenticarsi a tavolino dei bambini, e di chi normalmente si prende cura di loro.
Riapriamo tutto, sí.
E le scuole?
Non ho ancora sentito una sola parola sensata e pensata sulle scuole.
Docenti e famiglie lasciati totalmente in balia di se stessi.
Maestre, insegnanti – ancora una volta in larga misura donne, magari mamme, con i propri figli e impegni di cui occuparsi – che hanno dovuto organizzarsi autonomamente per consegnare uno straccio di didattica on-line ai loro ragazzi.
Senza sapere realmente quante e quali famiglie potranno seguire queste lezioni, e quanti allievi invece si perderanno per strada, andando ad ingrossare le fila dell’abbandono scolastico, senza che nessuno, tra i nostri ministri o assessori, abbia speso una sola parola sull’argomento.
E se osi chiedere: ma dove pensate che lo lasci mio figlio, se devo tornare al lavoro?
Orde assassine con la bava alla bocca sanno solo sbraitare: LA SCUOLA NON È UN PARCHEGGIO.
Per la serie: hai voluto la bicicletta? E mo’ pedali.
Come sempre da sola.
Come sempre, naturalmente, si da per scontato che siano le donne a farsi carico di tutto.
Prima, lavorando da casa, oltre allo smartworking dovevano smazzarsi lezioni on line, tre pasti al giorno per tutti e una casa da mantenere dignitosa.
Ora, ancora una volta, ci viene chiesto l’impossibile: tornare a lavorare e arrangiarci coi nostri figli.
E chi riduce tutto questo alla banale questione del parcheggio, ancora una
volta getta la scuola in fondo alla scala delle priorità, un di più, dove piazzare i figli al posto del televisore o della play station, dimenticando il valore fondamentale della didattica, delle figure di riferimento che sono i docenti, della socialità con i compagni, delle passioni come sport e musica, che arricchiscono spesso il curriculum didattico.
Per non parlare di tutte le figure sostitutive, badanti, colf, baby-sitter, anche qui sempre e rigorosamente donne, che dovranno essere assoldate secondo quali regole d’ingaggio? Se nella stragrande maggioranza dei casi lavorano in nero? E quali sicurezze, rispetto alla diffusione del virus, saremo in grado di dare loro e alle famiglie che devono accudire?
Ha senso affidare la mia casa e i miei figli ad una sconosciuta, potenziale veicolo del virus? Pericolo per sé e per la propria famiglia?
Allora, provate ad indovinare ancora una volta chi rinuncerà al lavoro, a conti fatti?
Dunque la scuola è un parcheggio, un capriccio.
Oppure il fulcro della ripartenza, dopo questa catastrofe?
La nostra classe politica sta purtroppo dando risposte chiare.
Da venticinque anni a questa parte circa.

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